La tecnologia al servizio del valore

Di Giuseppina Capoferri

Ma tu, domani, ci sarai?

Con un diploma in informatica e poi una laurea in matematica, mi nutro di tecnologia da sempre.
Da 40 anni lavoro nel mondo dei professionisti e delle piccole e medie imprese.
Dal 1987 il mio viaggio è stato accanto a TeamSystem, vivendo in prima linea l’evoluzione tecnologica: dai rudimentali processori 8086 con 8k di memoria e DOS, ai software in locale, fino a quella che oggi chiamiamo rivoluzione cloud e AI.

La mia esperienza

Negli anni ’80, il commercialista era molto più di un consulente: era il timoniere di un’azienda, quasi un medico e un confessore. Tutto girava intorno a lui. Persino in banca, per un semplice scoperto di conto, ci si presentava insieme.
Eppure, molti lavoravano ancora con il libro mastro, pochissimi con PC improvvisati, e i grandi computer che occupavano intere stanze servivano a tutto, tranne che a rendere più semplice il lavoro.
Le scadenze? Una sola: quella dei redditi. Tutto scritto a mano o, per i più moderni, con moduli continui stampati con programmi “easy”. La data cruciale era il 31 maggio, quando le dichiarazioni venivano imbucate e portate al Comune.

Dalla calma alla tempesta

Poi il tempo è cambiato.
Le scadenze si sono moltiplicate. Gli adempimenti pure.
Il professionista ha iniziato a correre, a inseguire, a sacrificare tempo, lucidità e spesso anche relazioni personali, perdendo la consapevolezza del proprio ruolo strategico: guidare, affiancare, formare e creare valore.

Molti studi hanno costruito il loro lavoro su una rincorsa infinita, senza fermarsi a pensare, a qualificare il personale, a creare processi chiari. E così, nel vortice della quotidianità, è sfuggito il senso più profondo di quella professione: essere al servizio delle imprese per aiutarle a crescere.

Il presente che non possiamo ignorare

Oggi il mercato si muove con altre regole..
La competitività è altissima, le scadenze aumentano, i controlli e le sanzioni pure.

Con il Covid il divario tra chi aveva già digitalizzato e chi era rimasto indietro è diventato enorme.
Ricordo bene la diffidenza verso la fatturazione elettronica nel 2019: una resistenza fortissima, quasi una ribellione. Ma oggi? Nessuno tornerebbe indietro. Perché è evidente che senza digitalizzazione non si ha futuro.
Gli studi che hanno saputo innovare sono cresciuti: hanno automatizzato processi, creato nuovi spazi per analisi e consulenza, e reso il lavoro più fluido e più sostenibile.

Gli altri? O si sono fusi con realtà più strutturate o hanno chiuso.

Digitalizzare per rispettare le persone

C’è un aspetto che, troppo spesso, viene dimenticato: la digitalizzazione non è solo competitività.
È un atto di rispetto verso le persone.
Significa permettere ai collaboratori di lavorare con consapevolezza, senza corse infinite, senza carichi ingestibili. Significa dare a tutti tempo per sé stessi, per crescere professionalmente e vivere la propria vita con equilibrio.

Digitalizzare è dire a chi lavora con te:
“Il tuo tempo ha valore. La tua vita ha valore. E voglio che il tuo lavoro sia un arricchimento, non una gabbia.”

Un’impresa digitalizzata, anche quella molto piccola, non è solo più efficiente: è un luogo in cui le persone possono dare il meglio, crescere, innovare, trovare motivazione e sentirsi parte di un progetto.

Ma tu, domani, ci sarai?

È questa la domanda che dobbiamo farci oggi, con sincerità e coraggio.
Perché digitalizzare non è un’opzione, è una responsabilità: verso i clienti, verso il mercato, ma soprattutto verso le persone che, ogni giorno, lavorano negli studi.

Solo chi saprà abbracciare il cambiamento, formare le proprie risorse e costruire processi intelligenti potrà crescere davvero, restituendo alle persone ciò che è più prezioso: tempo, soddisfazione e qualità della vita.